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IL diritto di Famiglia nell'evoluzione dell'Unione Europea

Il diritto di Famiglia ed il Codice civile Bielorusso

Il diritto di Famiglia e l'Europa che cambia ( articolo 1 in italiano)

IL Centro

La storia dell’Europa che cerca un destino comune è la storia dei suoi trattati e dell’impegno dei politici  e dei giuristi  che  ne hanno scritto le pagine essenziali. Il nove maggio 1950 viene costituito il Consiglio d’Europa. Il 18 aprile 1951 nasce la CECA, la comunità che gestisce le produzioni di  carbone ed acciaio tra sei nazione europee: Italia, Francia, Germania, Belgio, Lussemburgo, Olanda. IL 25 marzo del 1957 nasce la CEE con il trattato di Roma: da allora la strada è stata sempre in salita e non sempre facile, ma è stata praticata con ostinazione attraverso il percorso  di una evoluzione politica e giuridica che cercava concretezza nella  ricerca di un  mercato comune e compatto all’interno. Da Roma a Maastricht a Nizza a Lisbona, dalla Cee all’Unione Europea, dal mercato comune alla moneta unica, da sei nazioni impegnati in rapporti commerciali a  ventisette nazioni che cercano una via unitaria.​

I principi del diritto

Secondo chi scrive le più grande difficoltà che ha incontrato l’Unione Europea in un tutto il suo trascorso storico ,dalla Ceca alla CEE alla UE, non è stato quello di individuare un futuro politico comune, quanto quello di istituire un percorso giuridico unitario. Perché l’armonizzazione giuridica non passa solo dalla redazione di leggi, ma soprattutto dalla loro  applicazione quotidiana e dalla loro efficacia  nelle aule giudiziarie.

Il diritto non può essere teoria, deve essere pratica quotidiana e soprattutto azione giudiziaria. Il diritto si consolida quando viene violato cioè quando si instaura la reazione della risarcibilità della ferita operata nel tessuto normativa da una violazione evidente.

Da parte della Cee, che nasceva dall’ottimo proposito di mantenere una pace duratura tra i popoli europei e sosteneva questo buon proposito con la logica di una economia integrata, non era facile affermare il ruolo delle normative di principio generale, normative in lato senso costituzionali, garantiste, sostenitrici dei principi di diritto. Perché norme di questo rango implicano invasione nel tessuto giuridico di Stati sovrani.

Inoltre gli utenti ( non ancora cittadini)  della CEE appartenevano ( ed appartengono) a nazioni con sistemi  sviluppati, civiltà giuridiche consolidate, quindi comunque con scarsa fiducia nell’idea di farsi rappresentare da organismi sovranazionali o di integrazione nazionale: non  sentivano la necessità di devolvere all’esterno le loro garanzie costituzionali.

Eppure l’Europa che nasceva doveva assicurarsi di poter fondare il proprio edificio non solo sull ’ottimo proposito di volere la pace, o sulla convinzione che in un mercato più grande si interagisce meglio.
Doveva comunque stabilire il suo ruolo garantista. Doveva assicurare a se stessa la qualità della sua nascita perché la logica di mercato serviva ad assicurare interesse ma lo sviluppo dei popoli non dipende solo dal peso della loro economia o dalla forza della propria valuta.

Certo l’operazione “di mercato europeo” iniziata  dalla Cee , non coniuga logiche di scelte dettate dall’arbitrio del più  forte. Per lo meno non alla luce delle affermazioni dei Trattati. Ma dalla tutela dei consumatori alla tutela dell’ambiente, dall’antitrust alla normativa del marchio  l’elemento dirimente è quello della tutela e della garanzia del diritto, sempre che lo Stato che si  fa portavoce in ambiente comunitario di una istanza  specifica sia anche in grado di sostenerne le qualità e le richieste. Ma questo oggi non è all’esame.

Le Carte ed il loro ruolo nella legislazione nazionale

Prima del trattato dell’istituzione della Cee, del cui valore abbiamo accennato e  continueremo a parlarne, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ossia la Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali  firmata a Roma il 4 novembre del 1950 da dodici nazioni europee ed ora ratificata da 47 stati tutti membri del Consiglio d’ Europa . La Convenzione viene redatta all’indomani della conclusione di una guerra disastrosa per la civiltà europea, una guerra che ha dimostrata quale può essere l’abisso dell’umana cattiveria, nonostante i millenni di presunta civilizzazione.
Ed è l’espressione dell’impegno di tutti a garantire i diritti fondamentali di ciascun individuo qualunque sia la sua collocazione sociale o spaziale o legale.

La Convenzione viene riconosciuta ed applicata, la giurisprudenza italiana la riconosce come fonte di diritto e la pone al rango di norma costituzionale. L’applicazione di pronunce della Corte dei diritti dell’uomo hanno posto in abrogazione norme penali in contrasto con essa, così in forza di pronunce della Corte Costituzionale italiana che ha ribadito il rango di norma costituzionale alla Convenzione. Nella convenzione due sono le norme che sostengono l’istituto familiare: l’art8 e l’art 12  che sanciscono il diritto alla propria vita privata ed il diritto al matrimonio. Sembrano norme scontate, ma non lo sono affatto. Storicamente gli abusi sono stati ampi e diffusi in un senso e in un altro.

Ma il Consiglio d’Europa non è l’Unione  Europea.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea viene proclamata ma rimane all’ombra del trattato di Nizza nel 2000, ed all’ombra vi rimane fino al trattato di Lisbona che la ha fornita del medesimo valore giuridico dei trattati. Salutata alla sua nascita dalla dottrina come un ottimo esempio di legislazione di diritto costituzionale comparato, non ha avuto dal Consiglio di Colonia, prima, e dal trattato di Nizza poi, nessun riconoscimento che le desse il rango di norma vincolante fra le parti che la avevano siglata.
La questione della validità giuridica della Carta viene rinviata espressamente dal Trattato di Nizza in un momento successivo.  Questo momento giunge quando l’Unione Europea assume personalità giuridica, quando l’Unione Europea lascia il laboratorio politico per raggiungere la sua forma giuridica. Ma c’è anche da dire qualcosa che è evidente nella stessa formulazione della Carta: nessuna delle Nazioni firmatarie si sente di mettere in dubbio la sua qualità di civiltà giuridica e quindi l’invadenza della Carta deve essere rinviata ad un momento successivo.Fino al Trattato di Lisbona la applicazione della Carta di  Nizza  ha riscontro su due settori principali: all’interno delle istituzioni europee e nel diritto formato nelle aule dei Tribunali e delle Corti in forza della disponibilità personale del singolo giudice nazionale.

Eppure la dottrina sostiene che la Carta contiene elementi innovatori rispetto alla Convenzione del 1950 in tutti i campi. Ma noi analizziamo solo quelli relativi al diritto di famiglia. L’art.7 ribadisce il diritto alla vita privata. L’art.9 enuncia “ Il diritto di sposarsi e di costituire una famiglia  sono garantiti secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio” Manca l’esplicito riferimento al matrimonio ed alla coppia formata da uomo e donna. E su questi elementi si discuterà molto negli anni successivi in tema di coppia convivente e di coppia omosessuale.

Ma a ben vedere, a parere di chi scrive , si  tratta di considerazioni sovrapposte e di apporto specificatamente non giuridico. In realtà il riferimento alle leggi nazionali dovrebbe precludere ogni interpretazione estensiva, come invece è stato fatto. Sembra piuttosto una ulteriore preclusione al legislatore europeo di ingerenza in un settore legislativo. In realtà il problema giuridico da porsi è un altro. Nell’ Europa delle quattro libertà dove condizione giuridica essenziale è il reciproco riconoscimento  delle decisioni, degli atti civili e delle sentenze, nel caso in cui si tratta di contemperare legislazioni agli antipodi, con espresso riferimento a diritti che altrove sono violazioni dell’ordine pubblico, quid juris?

Registreremo le scelte dell’Unione Europea, appena queste verranno varate.

Il fondamento della Comunità è nei suoi trattati e nelle libere adesioni dei  Paesi membri ai contenuti ed alle scelte operate in ciascuno di essi. Il fine della Comunità Europea è quello di offrire sostegno, garanzia e sviluppo al libero integrarsi dei mercati, è un fine economico che prende il via da strutture giuridiche di cooperazione internazionale. L'articolo 2 del trattato CEE precisa che: "La Comunità ha il compito di promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche nell'insieme della Comunità, un'espansione continua ed equilibrata, una stabilità accresciuta, un miglioramento sempre più rapido del tenore di vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano".
La libera  circolazione di persone, servizi, merci, capitali, le famose quattro libertà, sono alla base della costituzione della Cee e quindi alla base dell’evoluzioni future in funzione della crescita comune con lo scopo di una progressiva  unione sempre più stretta fra i popoli europei a partire dal mercato comune, dall’unione doganale e dalla ricerca di una politica  economica comune.
In questa dinamica l’inserzione della Comunità nel diritto di famiglia prende corpo nel libro V del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea : “ L’Unione realizza uno spazio di libertà sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri” e nel successivo corollario “L’Unione facilita l’accesso alla giustizia in particolare attraverso il principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziarie in materia civile”. Quindi il diritto di famiglia e la possibilità di ingerenza della Comunità in materia è dedotta nel capitolo della Cooperazione giudiziaria in materia civile e giudiziaria.
Ma per la Cee e fino al 2000 , le materie inerenti il diritto di famiglia, in particolare la potestà genitoriale e i rapporti matrimoniali sono ritenute di esclusiva espressione e competenza della legislazione nazionale e lontane da ogni ingerenza .
Solo nel 2000 ( ma già con la costituzione della Unione Europea e ben dopo il trattato di Maastricht e di Amsterdam ed in coincidenza con il trattato di Nizza) si inizia a formulare interventi .
Il regolamento n.1347 del 29 maggio del 2000 è stato il primo  in questo senso. Il regolamento battezzato Bruxelles II disciplina alcune materie escluse dall’ intervento del regolamento Bruxelles I .
Apriamo una breve parentesi sul Bruxelles I: ha sostituito la convenzione di Bruxelles del 1968 ed ha subito vari interventi modificativi nel 2007  nel 2008.
“Il regolamento determina la competenza dei giudici in materia civile e commerciale. Prevede che le decisioni emesse in uno Stato membro dell’Unione europea (UE) siano riconosciute negli altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento, salvo in caso di contestazione. La dichiarazione di esecutività deve essere rilasciata a seguito di un controllo meramente formale dei documenti prodotti, senza che il giudice possa rilevare d'ufficio i motivi di diniego dell'esecuzione indicati nel regolamento. Il regolamento non concerne il settore fiscale, doganale ed amministrativo. Sono altresì esclusi:
• lo stato e la capacità delle persone fisiche, i regimi matrimoniali, i testamenti, le successioni;
• i fallimenti;
• la sicurezza sociale;
• l'arbitrato.”( testo tratto dalle sintesi diffuse dall’UE )
Il regolamento prevede inoltre che il convenuto può essere citato di fronte ad un giudice di un altro stato membro in materia contrattuali, di illecito , di assicurazioni, di rapporti con i consumatori, di rapporti di lavoro ecc… e dulcis in fundo in tema di obblighi alimentari
Sempre in tema di obblighi alimentari, il Consiglio ha approvato regolamento n. 4 del 2008 entrato in vigore il 18 giugno 2011 in relazione alla competenza, legge applicabile, riconoscimento ed esecuzione di atti e provvedimenti relative alle obbligazioni alimentari nascenti da rapporti parentali e di famiglia. Il regolamento interagisce e si uniforma al protocollo dell’Aja del 2007.

Torniamo al Bruxelles II: Il regolamento approvato, il n.1347  viene sostituito quasi subito dal regolamento 2201/2003. La Francia presentò nel luglio del 2000 una iniziativa in cui intendeva semplificare il diritto di visita dei minori ai genitori domiciliati in un’altra  nazione, eliminando ogni procedura di exequatur relativa alla pronunce giurisdizionali in merito
L’attuale Bruxelles II è relativo alla competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale ed in materia di responsabilità genitoriale.
“Rientrano nell'ambito d'applicazione del regolamento i procedimenti relativi al divorzio, alla separazione personale dei coniugi o all'annullamento del matrimonio, nonché tutte le questioni relative alla responsabilità genitoriale. Con "responsabilità genitoriale" si intendono i diritti e i doveri riguardanti la persona o i beni di un minore. Per garantire parità di condizioni a tutti i minori, il regolamento disciplina tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, incluse le misure di protezione del minore, indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale.
Sono esclusi dall'ambito d'applicazione i procedimenti civili relativi alle obbligazioni alimentari, che rientrano nell'ambito d'applicazione del regolamento (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.
Sono altresì esclusi dall'ambito d'applicazione del regolamento:
• la determinazione e l'impugnazione della filiazione;
• la decisione relativa all'adozione, le misure che la preparano, l'annullamento e la revoca dell'adozione;
• i nomi e i cognomi del minore;
• l'emancipazione;
• i trust e le successioni;
• i provvedimenti derivanti da illeciti penali commessi da minori.
Il regolamento stabilisce un sistema completo in materia di competenza. Per quanto riguarda il divorzio, esso riproduce le norme sulla competenza del regolamento (CE) n. 1347/2000.
Il regolamento introduce anche norme in materia di sottrazione di minori (trasferimento illecito o mancato ritorno del minore . Queste norme sono dirette a contrastare il fenomeno all'interno dell'UE.
In caso di sottrazione di un minore, il titolare del diritto di affidamento  può presentare presso un'autorità centrale una domanda di ritorno del minore. Egli può altresì adire un tribunale.
La norma generale stabilisce che i giudici del paese dell’UE nel quale il minore aveva la residenza abituale prima della sottrazione restano competenti anche successivamente a questa, fino a quando il minore non abbia acquisito la residenza abituale in un altro paese dell’UE (con l'accettazione del titolare del diritto di affidamento e trascorso un periodo minimo di un anno di residenza).
Il giudice è tenuto ad adottare la sua decisione al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda. Il minore viene ascoltato durante il procedimento, se ciò non appare inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità. Il ritorno del minore non può essere rifiutato se la persona che lo ha chiesto non ha avuto la possibilità di essere ascoltata.
I giudici del paese dell’UE in cui è avvenuta la sottrazione del minore possono rifiutare il ritorno del minore solo nel caso in cui esista un serio rischio per la salute fisica e psichica del minore (ai sensi dell'articolo 13, lettera b) della convenzione dell'Aja del 1980). Tuttavia, il giudice è tenuto ad ordinare il ritorno del minore, qualora sia dimostrato che sono previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno.
Se emana un provvedimento contro il ritorno di un minore, un'autorità giurisdizionale deve trasmettere il fascicolo all'autorità giurisdizionale competente del paese dell’UE nel quale il minore aveva la residenza abituale prima della sua sottrazione. A quest'ultima spetta la decisione definitiva sul ritorno del minore. Il giudice deve dare al minore e alle parti la possibilità di essere ascoltati, nonché tener conto dei motivi e degli elementi di prova sulla base dei quali il primo giudice ha emanato il provvedimento contro il ritorno. Se il giudice del paese dell’UE d'origine perviene ad una decisione diversa, ossia che il minore deve tornare, la decisione viene automaticamente riconosciuta ed eseguita nell'altro paese dell’UE senza che vi sia bisogno di una dichiarazione di esecutività ("soppressione dell'exequatur") e senza possibilità di appello, a condizione che il giudice del paese dell’UE d'origine abbia rilasciato un certificato “.(testo tratto dalle sintesi diffuse dalla UE)
Riguardo alla responsabilità genitoriale: la competenza è dei giudici dello Stato membro in cui il minore ha la residenza, in caso di trasferimento del minore il giudice che ha già emesso provvedimenti relativamente al minore mantiene la sua competenza. I genitori in sede di divorzio possono concordare che il medesimo giudice si occupi dei provvedimenti in materia
Riconoscimento ed esecuzione: Nessun procedimento è necessario, l’esecuzione è automatica e può essere rifiutata solo in caso di provvedimento in lesione dell’ordine pubblico, che sia stato emesso in lesione del diritto di difesa, se il riconoscimento contrasta con altra pronuncia giurisdizionale emessa. Inoltre in caso di riconoscimento di  provvedimento emesso in relazione a potestà genitoriale si aggiungono le specificazione dell’assoluta necessità di ascoltare il minore e di  ascoltare ogni persona che abbia potestà genitoriale nei confronti del minore
Sottrazione di minore: Sia nel caso di minore in visita che non rientri alla data fissata sia nel classico caso di sottrazione di minore, le normative previste e che valgono nel caso di contrasti all’interno della Unione Europea vanno oltre la semplice valutazione della competenza e quella dell’apponibilità dell’exequatur o della esecuzione automatica. Si dirime un contrasto e si operano scelte precise di diritto . La persona titolare dell’ affidamento del minore alla quale il minore non sia stato restituito o sottratto può chiedere all’autorità o al tribunale di residenza un provvedimento di rientro e questo provvedimento comunque verrà formato in collaborazione con le autorità giurisdizionali  dello Stato membro in cui è avvenuta la sottrazione, in uno scambio preciso di valutazioni da operarsi alla luce dell’interesse del minore. Il rientro non potrà mai essere negato se non alla luce dei disposti dell’art,13 della Convenzione dell’AJA del 1980 ossia quando esistano seri rischi per la salute  del minore. Comunque il provvedimento definitivo di rientro viene emesso dall’autorità dello stato in cui il minore è residente ed è immediatamente eseguibile.
Se invece la sottrazione è avvenuta con coinvolgimenti di Nazioni terze rispetto alla Unione europea, soccorre la convenzione dell’Aja del 1996 che in sostanza non si diversifica dalla normativa europea, ma si applica anche a paesi  terzi firmatari.
In tema di residenza, inoltre, la normativa comunitaria specifica che essa può cambiare per il minore solo dopo un anno di permanenza nel nuovo Stato a partire dal mutamento legittimo del titolo.
In tema di protezione minori: le convenzioni internazionali sono integrate dal Bruxelles I e II.
Divorzio e legge applicabile: E’ il recentissimo regolamento europeo n.1259/2010 entrato in vigore il 21 giugno 2012 denominato Roma III
che concerne  a Belgio, Bulgaria, Germania, Spagna, Francia, Italia, Lettonia, Lussemburgo, Ungheria, Malta, Austria, Portogallo, Romania e Slovenia.
I coniugi possono scegliere  in accordo  tra loro la legge applicabile al loro  divorzio o separazione. La legge applicabile potrà essere : la legge dello stato di residenza abituale dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo; la legge dello stato dell’ultima residenza abituale dei coniugi, nel caso in cui uno di essi vi risieda ancora al momento della conclusione dell’accordo; la legge dello stato di cui uno dei coniugi abbia la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo;  la legge del foro.
Come già visto rimangono esclusi i settori dei diritti indisponibili, quindi le cause di annullamento del matrimonio, gli obblighi nei confronti dei figli, gli obblighi alimentari, gli effetti patrimoniali del matrimonio, le successioni.
E’ una delle più grandi innovazioni che l’Unione Europea poteva varare. Le legislazioni nazionali così diverse nel regolamentare questo istituto, vengono poste in concorrenza fra loro, in regime di antitrust si potrebbe dire, con sensibile snellimento e chiarificazione delle procedure più lente e più farraginose.  Per l’Italia il risultato è un colpo di spugna vigoroso su tutta una consolidata dottrina e giurisprudenza che prendeva le sue mosse dal diritto canonico, e impediva al matrimonio civile di assumere connotati laici, per cui  pur nell’assoluta garanzia dei contraenti e rispetto per ogni diritto che abbia connotati giuspubblicistici e sia indisponibile e quindi non contrattabile, la iterazione con forme giuridiche esenti da valutazione escatologiche assicura e impedisce che il matrimonio sia una forma di trappola mortale in cui valutazioni di ordine morale e lentezze giudiziarie diventano la tomba e la bara di un qualunque malcapitato.
Inoltre è la prima seria espressione normativa di inserzione dell’Unione Europea nella legislazione nazionale su materie considerate appannaggio dello Stato membro.
A partire dal trattato di Amsterdam , è possibile che un gruppo di Stati decida, su una specifica materia, operare con una forma di cooperazione rafforzata che permette di accelerare i tempi di integrazione europea in temi che non siano di esclusiva competenza della UE, derogando quindi alle proprie competenze esclusive in favore del processo di integrazione.
Convenzioni matrimoniali, regimi patrimoniali e applicabilità alle coppie di fatto: Competenza, legge applicabile, esecuzione in tutti gli Stati membri dei regimi patrimoniali fra coniugi e  fra persone conviventi in forza di due distinti regolamenti di cui alla proposta della Commissione Europea datata 16 marzo 2011. Anche qui si tratta soprattutto di superare e di integrare contrasti tra le legislazioni nazionali che sono evidenti  e che hanno le loro radici in un substrato culturale e storico
Conclusione
L’istituto della famiglia in Europa è stato oggetto nei secoli di studi filosofici, giuridici e sociali che non sono mai stati esenti da considerazioni di connotazione etiche , morali e religiose. Perfino i conflitti tra le dottrine cristiane hanno inciso sull’evoluzione dell’istituto considerato dai tempi del diritto romano non solo come la cellula fondante della società, ma anche come l’espressione fondamentale dell’individuo, il segno del suo passaggio sulla terra, il motivo e la finalità della sua crescita, il suo territorio inviolabile, la proiezione della sua ombra.
Ed il tempo, i costumi, le condizioni storiche ne hanno mutato il contenuto incidendo sugli aspetti primari o modificando quelli secondari., ma comunque diversificando gli aspetti dei vari istituti in modo da renderli non omogenei o contrapposti.
Facciamo qualche esempio: il divorzio e le modalità per ottenerlo nelle varie nazioni aderenti alla Ue, La filiazione e le differenze all’interno di essa come dedotte nei vari ordinamenti. La responsabilità genitoriale e quindi la potestà genitoriale. Le  adozioni e le varie formule degli assetti nazionali. Le scelte processuali e di garanzia processuale, pur nel comune rispetto dei principi di diritto internazionale: ossia garanzia della difesa e del contraddittorio . Perfino la diversa integrazione di norme di diritto pubblico e di norme di diritto privato. E le motivazioni alla base delle scelte: tutte ottime, tutte garantiste, tutte dettate da civiltà del diritto, eppure contrapposte per motivi tutti validi.
In questo coacervo di norme la volontà unificatrice a livello sovranazionale opera in modo  che si può definire  geometrico. Parte da un unico motivo comune e definisce quattro libertà che non ledono la sensibilità di nessuno. Parte dall’interesse concreto per definire valutazioni astratte, individua un minuscolo punto di congiunzione per  disegnare una linea di tangente e questa diventa il percorso giuridico formale per assicurare il risultato ideale di una completa integrazione.
L’Unione Europea si è sempre dovuto muovere con estrema cautela in argomenti che coinvolgevano la sovranità nazionale, la sensibilità giuridica, e gli ambiti di legislazione esclusiva, soprattutto se questi ambiti erano incrociati con aspetti di diritto pubblico e di ordine pubblico.
Il grande passo avanti lo ha compiuto nel momento in cui ha varato il regolamento Roma III sulla legge applicabile in tema di Divorzio lasciando alle coppie internazionali di decidere quale legge scegliere: il modo più semplice per uniformare un sistema giudiziario. A questo va aggiunto il sistema giudiziario europeo al varo con il trattato di Lisbona e si ha un quadro sempre più chiaro della progressiva operazione di integrazione compiuta nel nome dell’ Europa, da una parte, e dall’altra la progressiva maturazione del diritto di famiglia e degli istituti connessi in funzione di una crescita comune.
Snellimento delle procedure e concretizzazione dei diritti, maggiore spazio alle tutele sostanziali a discapito delle mere enunciazioni di principi ( l’indissolubilità del matrimonio può essere una convinzione religiosa da rispettare, non può essere una valutazione civilistica, là dove ogni contratto è scindibile, rescindibile, risolvibile, annullabile o addirittura nullo) comportano il superamento delle valutazioni sociali e delle ghettizzazioni degli individui a discapito dell’ uguaglianza fondamentale che ogni essere umano vanta nei confronti dei suoi simili. Vedi ad esempio filiazione con le varianti ( legittimo, legittimato, naturale) o le adozioni  con le varianti ( internazionale, speciale, non legittimante, maggiorenne), le responsabilità patrimoniali, le potestà genitoriali, i diritti alimentari, la tutela dei minori, i rapporti patrimoniali, le convivenze.

La riforma giuridica dell’Unione Europea è assimilabile a quella dei pretori romani: il diritto si fa nella pratica quotidiana alla luce dell’esperienza e nella certezza di pochi elementi di principio: siamo essere uguali in un mondo di uguali, e l’unico modo di garantire questa uguaglianza è rispettare ogni diversità. La saggezza del giurista è dettata dall’ uso pratico di cuore ed intelligenza. Nessuna contorsione per tabulas, solo l’ordine limpido di una mente limpida. Ma questa mente che scrive questo percorso retto è formata dallo sforzo congiunto di tutti quei giuristi che a livello nazionale, internazionale o comunitario cercano costantemente quel punto di congiunzione e di risoluzione, quella valutazione assorbente e dirimente che assolve ogni funzione  e assicura  la garanzia dei diritti fondamentali.

IL CENTRO GIURIDICO

Bibliografia
I Trattati della  Cee  e dell’Unione Europea e gli Atti citati nel testo:
Trattati di Roma del 25 marzo 1957
Atto Unico Europeo Lussemburgo 17 febbraio 1986
Trattato di Maastricht 7 febbraio 1992
Trattato di Amsterdam 2 ottobre 1997
Consiglio Europeo di Tampere giugno 1999
Consiglio Europeo di Colonia ottobre 1999
Trattato di Nizza 26 febbraio 2001
Carta  dei diritti fondamentali dell’Unione Europea 18 dicembre 2000
Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1 dicembre 2009
Le Convenzioni dell’Aja citate nel testo:

La Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (4 novembre 1950)
Regolamento Bruxelles I  n44/2001 ( 22 dicembre 2000)
Regolamento Bruxelles II n. 2201/2003 (27 novembre 2003)
Regolamento sulla cooperazione in materia di obblighi alimentari n.4/ 2009 ( 18 dicembre 2008)
Regolamento n.1259/2010 Divorzio transnazionale Roma III
Anceschi La famiglia nel diritto internazionale privato Giappichelli Torino
Diritto internazionale privato e comunitario Cedam Padova
Caggia Famiglia e diritti fondamentali nel sistema dell’Unione Europea Roma Aracne
Marella L’armonizzazione del Diritto di famiglia in Europa Novene Napoli
Scritti di diritto costituzionale, Associazione italiana dei costituzionalisti Materiali
L’efficacia giuridica della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea Celotto Pistorio in Giurisprudenza Italiana

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